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Solo a partire dal luglio 1927, approfittando del passaggio di tutte le federazioni indipendenti sotto il CONI fascista e del perentorio sviluppo del calcio provinciale in ambito U.L.I.C., la rosea dedica alle squadre minori una pagina il giovedì e venerdì e così riconquista una grande fetta dei lettori sportivi che dal 1925 avevano visto sparire dalle edicole molta parte della stampa non allineata per motivi politici al regime. Ma con la spaccatura in due del campionato italiano di calcio (luglio 1921) la rosea non fu più capace di sostenere l’oneroso impegno e costretta a ridimensionare lo spazio dedicato alle cronache calcistiche e tagliare tutti gli spazi concessi gratuitamente all’informazione che dal 1919 era stata dedicata agli enti federali calcistici, sia nazionali che regionali. Lo spazio che prima del 1922 veniva fornito gratuitamente agli enti sportivi federali da settembre fu dato alla FIGC esclusivamente a pagamento, tanto che il trisettimanale torinese «Il Paese Sportivo» sulle sue colonne aprì una polemica feroce nei confronti della rosea. Nel 1936 una polemica sorta tra il direttore Emilio Colombo e il giovane Bruno Roghi aveva portato quest’ultimo a sostituirlo alla guida del giornale. Nel 1950 comincia il decennio della direzione di Giuseppe Ambrosini, che guida la Gazzetta fino al 1961. Insieme con Gianni Brera (condirettore 1949-54) inaugura una vera e propria rivoluzione nella scrittura delle notizie, spogliandola dei facili effetti che indulgevano a una certa retorica, per indirizzarla, con una prosa precisa ed asciutta, sui binari di una scienza esatta, in notevole anticipo sui tempi.

Dopo la fine della guerra, Bruno Roghi ritorna alla guida del quotidiano. La Gazzetta non era più l’unico quotidiano sportivo nazionale. Il giornale sportivo torinese scrisse che i comunicati ufficiali del calcio venivano sulla rosea definiti «d’urgenza» e pubblicati a pagamento anche quando non lo erano abusando delle casse federali visto che alla Gazzetta pagavano ben 7 centesimi a riga e, dato che la Presidenza Federale era il loro miglior cliente, alla rosea era accordato lo sconto del 30%. Il settimanale torinese guadagnò un maggior numero di lettori optando alla pubblicazione gratuita dei comunicati ufficiali della FIGC, che all’epoca aveva sede a Torino, e dei Comitati Regionali Piemontese e Ligure. In estate si svolge ormai da un lustro il torneo di murra dedicato a san Pietro, per il quale il 28 giugno si organizza anche il tradizionale (seppur in disuso) foghilone. Nel 1966, nel quadro di un nuovo programma di rilancio editoriale, la Gazzetta abbandona la sede di via Galilei (in cui era arrivata nel 1926) per trasferirsi in piazza Cavour.

A seguito del cambio dei vertici federali della FIGC con la nomina del bolognese Leandro Arpinati la rosea perse nel 1926 la qualifica di «organo ufficiale del CONI», qualifica che fu invece accordata al trisettimanale Il Corriere dello Sport di cui la camicia nera era stato nel 1924 uno dei fondatori. Nel 1926 la Gazzetta ha finalmente una sede tutta sua: un fabbricato di quattro piani in via Galilei costruito sui terreni dell’ex birreria Spluga. Tra il 1944 e il 1945, quando l’Italia è attraversata dal fronte, la Gazzetta è ridotta ai minimi termini: esce un solo giorno alla settimana, il lunedì, su quattro pagine e viene stampata su carta bianca, a causa della penuria di materia prima. Nel 1961 Ambrosini lascia spazio a Gualtiero Zanetti, che un anno prima lo aveva affiancato come condirettore. Fu per questo motivo, lo spazio tolto alle cronache sportive regionali che sorsero a Genova il settimanale illustrato «Il Calcio» della casa editrice Barabino & Graeve, a Vicenza il settimanale sportivo «Fonosport», a Padova «Il Veneto Sportivo» e diversi giornalini sia locali che di club ai massimi livelli del calcio italiano perché la Gazzetta non pubblicava più le formazioni complete oppure sceglieva di pubblicare solo la squadra vincente.