Maglia nazionale calcio verde

La FIFA non appoggiò la disputa del secondo Mondiale in Spagna del 1985, poiché il suo obiettivo era quello di promuovere la propria versione del calcio a 5, chiamata futbol 5. Per questo arrivò anche a vietare l’utilizzo della parola «football» («futbol» in spagnolo) per indicare il gioco del calcio a 5 praticato sotto l’egida della FIFUSA. Le maglie da calcio vintage sono ormai molto più di semplici indumenti sportivi. Puoi farci sapere quali squadre o design preferisci evitare nell’apposita sezione nella pagina prodotto, ma ti chiediamo di non richiedere maglie specifiche da includere nella tua Box. Le maglie sono stampate in Italia? 3º nel girone 6 di Coppa Italia. Con Baldassari in panchina, la Ternana parte bene ma poi a fine girone d’andata, la squadra avrà un momento buio con 3 sconfitte e un pareggio. Maglia talmente riuscita da giustificare poi successivi remake. Nella sua versione serigrafata invece, utilizzata al campionato del mondo 1994, venne indossata contro l’Irlanda nella classica versione maglia e calzettoni bianchi con pantaloncini azzurri e contro la Nigeria in una versione interamente bianca. Nella stagione successiva, la formazione fu affidata a Francesco Oddo, l’allenatore che aveva fallito d’un soffio l’impresa della salvezza in A. L’avvio in Coppa Italia fu più che incoraggiante e permise ai granata di arrivare a giocarsi l’accesso ai quarti di finale in un doppio incontro contro la Fiorentina, futura vincitrice della coppa.

Grazie all’esplosione del neo-acquisto Leonardo Gatto, oltre al ritrovato istinto da goleador di Coda, schierato in coppia con Alfredo Donnarumma, la Salernitana si risollevò, maglietta di calcio giungendo quint’ultima e arrivando a giocarsi le sue residue possibilità di salvezza ai play-out contro una Virtus Lanciano in odore di fallimento. Il sospirato traguardo fece guadagnare al tecnico la riconferma e alla società la possibilità di giocare in Serie B nell’anno del novantesimo anniversario dalla fondazione. Nell’annata seguente, la Salernitana si presentò ai nastri di partenza ancora una volta con una rosa infarcita di giovani promesse, tra cui Raffaele Schiavi, Maurizio Lanzaro, Cristian Molinaro e Raffaele Palladino, giunto in prestito dalla Juventus. Furono fondamentali alcune intuizioni del tecnico boemo, che trasformò Fabio Vignaroli in un centravanti implacabile (20 gol in campionato) e ottenne prestazioni di rilievo da parte di diversi giovani giocatori giovanissimi e ancora sconosciuti, quali Samuele Olivi e Nicola Campedelli (per i quali giunse la convocazione in Nazionale Under-21), Marco Zoro, Alfonso Camorani, Giorgio Di Vicino e Babú. La sostituzione del tecnico boemo con Franco Varrella, alla sua seconda esperienza in granata, si rivelò inutile: la Salernitana chiuse il campionato ultima e staccata di 22 punti dalla prima squadra salva (il Napoli).

Il caso, infine, si chiuse con una decisione politica non scevra da contestazioni: l’allargamento dei quadri della competizione da 20 a 24 squadre e il ripescaggio delle retrocesse (eccezion fatta per il Cosenza, fallito, al cui posto fu ripescata la rinata Fiorentina della famiglia Della Valle). La Salernitana, così, non soltanto fallì il ritorno in B, ma si apprestò anche a vivere una delle pagine meno felici della sua storia. La Salernitana, che aveva già reso note diverse difficoltà economiche, si ritrovò quindi a gestire un monte ingaggi sproporzionato per la categoria. L’improvviso calo di rendimento del mancino brasiliano e le difficoltà realizzative del neo-acquisto Massimo Coda portarono la Salernitana sul baratro. Nella stagione 2020-2021 il Maglie, in seguito alla riforma del campionato di Eccellenza, viene ammesso al massimo campionato regionale dopo 11 anni di assenza. Grazie all’apporto di nuovi innesti (Antimo Iunco, Massimo Ganci) e soprattutto di un calciatore costantemente ignorato dai precedenti allenatori (il sudamericano Roberto Merino), Brini raggiunse la salvezza, conquistando 14 punti nelle 8 partite finali. Nella stessa estate, il sodalizio riacquisì i diritti per chiamarsi Unione Sportiva Salernitana 1919 ed esibirne i simboli distintivi, grazie a un accordo stipulato con la Energy Power.

Solo in piano di rateizzazione dei debiti, varato grazie anche al lavoro di intermediazione del direttore sportivo Nicola Salerno, permise alla squadra di essere ammessa in extremis al campionato successivo, ottenendo comunque una penalizzazione di 5 punti. A metà di un torneo altalenante, con la Salernitana comunque posizionata al 6º posto (a ridosso dei play-off), saltarono sia il tecnico Raffaele Novelli (già allenatore della Primavera granata nell’era Aliberti), maglia calcio a poco prezzo sia il direttore sportivo Enrico Coscia. Sotto questi buoni auspici, la rinata Salernitana si affidò al tecnico Giuseppe Galderisi, originario proprio di Salerno, per la stagione seguente. Oltre all’amarezza per la retrocessione, l’ultima gara di campionato portò in dote alla città un triste epilogo: il treno che riportava a casa i tifosi della Salernitana fu incendiato nel tratto di galleria che collega Nocera Inferiore a Salerno, causando la morte di quattro giovanissimi tifosi che si trovavano a bordo: Ciro Alfieri, Giuseppe Diodato, Vincenzo Lioi e Simone Vitale. Nel frattempo, avvalendosi del Lodo Petrucci, il costruttore Antonio Lombardi, a capo di una cordata di imprenditori edili locali, iscrisse la squadra nella categoria immediatamente inferiore a quella in cui militava in precedenza la squadra radiata.